Oggi parliamo del Circo Massimo meraviglia indiscussa del mondo antico…
Quello che, oggi, dell’antico edificio, si offre ai nostri occhi non è altro che uno spazio rettangolare enorme chi si allunga nella valle fra l’Aventino ed il Palatino, la Valle Murcia.
È difficile capire da questa distesa desolata, in cui fanno capolino solo poche rovine, quale esempio geniale di architettura fosse, o quale magnificenza – senza precedenti- mostrasse il Circo Massimo. Ma ciò che è certo, è che l’edificio nacque con Roma stessa, e fu uno dei luoghi più amati e popolari della storia dell’impero romano. Ed offrì intrattenimento e spazio per la propaganda dalle origini fino al 549 d.C, anno dell’ultima corsa.
Ma procediamo con ordine.
La storia
I Romani non hanno inventato le corse sui carri, che vengono descritte già in Omero, nel famoso passaggio sui giochi funebri in onore di Patroclo, e sono citate da Pausania (II sec. d.C.) come una delle specialità dei giochi Olimpici già dal 680 a.C.
Quello che nel caso dei Romani, però, distingue le corse, è il fatto che fossero integrate in modo inscindibile con la vita e la storia del popolo romano, cioè non fossero semplici esibizioni sportive. Perché?
Basti pensare alla storia famosa del “Ratto delle Sabine”. Romolo, consapevole che nel neofondato villaggio, la componente femminile scarseggiasse, ordì la famosa trama, ed attirò i Sabini al Circo per distrarli, ed avere campo libero per il rapimento delle loro donne. Lo fece proprio con la promessa di corse organizzate in onore del dio Conso. Il mito è importante da diversi punti di vista. Innanzi tutto, a modo suo, ci dice di come il Circo Massimo esistesse all’alba della storia di Roma; poi racconta di quale capacità attrattiva le corse avessero già allora, se l’evento trovò tanto interesse da parte dei Sabini.
Ma tornando alla struttura, quale aspetto aveva allora?
Beh, probabilmente, non era altro che una lunga spianata appena delimitata, attorno alla quale erano organizzate tribune provvisorie. Furono in verità i successori di Romolo, e non il primo re, ad inaugurare quella lunga stagione di interventi costruttivi che portarono il Circo Massimo a diventare una delle più straordinarie meraviglie del mondo antico. Ci racconta infatti Livio (Ab urbe condita I, 35, 7-9) che la prima pietra fu posta nell’età regia, all’epoca di Tarquinio Prisco, cioè orientativamente intorno al 600 a.C. Allora l’attenzione del Re fu orientata alla costruzione di tribune rialzate che garantissero agli spettatori più illustri una buona visuale.
È dall’età repubblicana, invece, che gli interventi sul Circo Massimo diventarono sempre più consistenti. Il circo venne progressivamente migliorato, ampliato, reso più funzionale. Sempre da Livio sappiamo che le gabbie di partenza, i carceres, furono istallate già dal IV sec. a.C.
Nel III sec. a.C ci si dedicò soprattutto alle infrastrutture intorno all’enorme costruzione; nel II secolo a.C. furono posizionate per la prima volta le metae, cioè i punti di svolta; e dall’epoca di Silla interventi sempre più massicci interessarono l’edificio.
Dopo la fine della Repubblica, gli imperatori alternarono nuove migliorie e ampliamenti a restauri e ricostruzioni, necessari per via di cedimenti strutturali o incendi devastanti. E così fra momenti di gloria, e pause per la riedificazione, il Circo Massimo arrivò al magnifico II secolo d.C., quando raggiunse, durante il regno di Traiano, il suo massimo splendore.
Il Circo Massimo era divenuto l’edificio dei record, capace di ospitare fra i 150.000 e i 180.000 spettori, tre volte almeno il pubblico dell’altro monumento-icona di Roma, il Colosseo. Ed alcuni autori antichi (tra i quali Plinio il Vecchio, Nat. Hist. XXXVI, 103) si spingono addirittura oltre, riferendo di circa 250.000 posti disponibili nel Circo.
L’edificio
Il Circo Massimo era, nel mondo antico, un edifico impressionante, ineguagliabile, per dimensioni e capienza. Lungo circa 620- 660 metri e largo 140-150 (anche se Dionigi di Alicarnasso suggerisce una larghezza minore, intorno ai 120 m), il Circo Massimo si offriva agli occhi degli spettatori come una teoria infinita di archi. L’edificio, infatti, era una costruzione articolata su tre livelli, con strutture ad arco al pian terreno e scandite da colonne ai livelli superiori. Anche per altezza il Circo Massimo non aveva da invidiare ad altri imponenti esempi di architettura antica: pare che l’edificio fosse alto intorno ai 35 metri.
Questo complesso incredibile di tribune, abbracciava una pista lunga fra i 550 e i 580 metri, di terra compattata e ricoperta di sabbia fine. Un allestimento, semplice all’apparenza, ma studiato nei dettagli perché lo spettacolo riuscisse.
La pista era distinta in corsie da un muro divisorio, la spina, lungo circa 350 metri. Essa aveva un ruolo essenzialmente funzionale, e proprio per questo non attraversava la pista per tutta la sua lunghezza. La spina lasciava liberi un centinaio di metri dal punto di partenza, per dare possibilità di manovra ai carri, che così avevano spazio sufficiente per convogliarsi tutti, in modo rapido efficiente, nella medesima corsia al momento dell’inizio della corsa.
Nonostante questa fosse la sua funzione principale, la spina, non era priva di un certo carattere decorativo. Se, originariamente, consisteva in una parete singola e non troppo rifinita, col tempo si trasformò in una vera e propria meraviglia. All’epoca di Traiano, la spina diventò un doppio muro che abbracciava un bacino con l’acqua. E la decorazione non si limitava a questo. Le fonti parlano, di statue, tempietti e, ovviamente dei meravigliosi obelischi, ancora ammirabili oggi in alcune piazze famose di Roma. Quali?
L’obelisco di Ramsete II, trasportato a Roma per volere di Augusto e che oggi svetta in Piazza del Popolo, un manufatto incredibile; l’obelisco di Tutmosi III, ora nella piazza adiacente all’ingresso della basilica di San Giovanni in Laterano, trasportato a Roma per volere di Costanzo II nel IV secolo d.C.
Ma c’è di più. Alla spina era connesso il meccanismo “contagiri” del circo. Prima 7 uova in onore di Castore e Polluce , i divini gemelli figli di Zeus nati dall’uovo e protettori di pugili e cavalli; poi, i delfini del meccanismo dell’età traianea, che per scandire i giri compiuti si “gettavano” nel bacino della spina, omaggiando Nettuno, dio del mare e dei cavalli.
Quanto ai lati corti dell’edificio, essi alloggiavano, ad ovest i carceres, ad est la porta Libitinaria.
Il lato corto ovest aveva un profilo non proprio rettilineo, forse lievemente curvo, così da garantire una partenza il più possibile equa ai 12 carri, sistemati in corrispondenza dei carceres, i cancelli di partenza. Ciascuno dei carceres aveva una larghezza stimata di 6 metri. Sul lato corto est, quello opposto e definito da una curva profonda, si trovava la porta libitinaria, da cui uscivano gli aurighi sconfitti o gravemente feriti.
Curiosità…
“Panem et Circenses” è il famoso motto del poeta Giovenale, che in modo semplice e geniale riassume un aspetto fondamentale del mondo romano: l’importanza della propaganda in generale; in particolare di quella fatta attraverso gli edifici per gli spettacoli. Con le distribuzioni gratuite di pane e l’intrattenimento al circo ( ma non solo) offerto al popolo, i cittadini di Roma venivano distratti dallo stato di necessità in cui versavano.
Ma chi ebbe l’idea per primo?
Sin dall’età regia e per quasi tutta l’età repubblicana, le corse dei carri, furono parte di eventi più grandi, organizzati in onore delle divinità. In età repubblicana, visto il successo delle gare, il numero di feste che prevedevano queste performance aumentò sempre di più, in modo quasi esponenziale. Ma fu solo con la fine dell’età repubblicana e l’avvento di due famosissimi dittatori, Silla e Cesare, che le corse si sganciarono dalla loro aurea sacrale e diventarono strumento di più aperta propaganda politica. Per quanto dedicati anche alle divinità che li avevano assistiti, i Ludi Victoriae, organizzati da Silla (82 a.C.) e Cesare, anni più tardi, avevano il vero fine di celebrare i loro trionfi, e mostrare il ruolo di protagonisti che i dittatori avevano nell’organizzazione dei giochi. Un chiaro mezzo per ampliare la base del consenso popolare…
Post by Sara P.