Uno degli aspetti più affascinanti delle vicende di Augusto, è, indiscutibilmente, la grande abilità con cui costruì la sua autorità.
Facendo un passo indietro e pensando a Cesare, ad esempio, risulta evidente come la gestione delle pubbliche relazioni, nell’avviare importanti riforme, possa fare la differenza. Cesare si sa, nella memoria collettiva è il più grande condottiero del mondo romano. Anche da non pochi contemporanei fu stimato e sostenuto come leader. C’è da dire, che certamente portò a Roma terre, potere e ne consolidò “l’immagine” di potenza militare da temere. Però, diede l’impressione all’élite di voler cambiare un po’ troppo, e ne pagò le conseguenze.
Augusto, invece fu in grado di infondere in tanti la convinzione che il “principato” fosse l’unico sviluppo possibile della Repubblica ormai in crisi, anche se questa trasformazione non era in realtà così necessaria. E nell’ambito del principato si mostrò come quell’unica guida in grado di tutelare i propri concittadini. Lo fece insinuandosi progressivamente, con lucidità e astuzia politica estrema, in ogni aspetto della vita pubblica. Così nacque una nuova Roma. Nella Roma Augustea si affacciava un’era di pace e stabilità, che garantiva un minimo sostentamento più o meno a tutti: il sistema di rifornimenti era più sicuro e controllato; la città era più sicura – Augusto istituì le coorti dei Vigiles che avevano funzione di pubblica sicurezza e vigili del fuoco -; e la nuova vita religiosa era incentrata, essa stessa, sul princeps, con nuovi culti, nuove feste, nuovi riti. Tutto ciò dava alle strutture politiche neonate un’aurea di sacralità che le rendeva ancora più necessarie.
Insomma creando l’illusione che nulla fosse cambiato, ma che tutto fosse stato migliorato, grazie alla sua presenza, l’astro nascente di Augusto avrebbe trasformato Roma per sempre.
Per questo, oggi abbiamo scelto di parlarvi di Augusto. Ma lo faremo in modo insolito, raccontandovi del princeps in tre soli punti. Scopriremo insieme alcuni aspetti, quelli meno noti, della vita e della politica di uno dei più grandi statisti del mondo antico.
- Le origini. È noto a tutti che la politica di Augusto, soprattutto nella fase di contrapposizione ad Antonio, si basasse sulla valorizzazione e difesa delle tradizioni. Eppure Augusto non era nobile di origini, non in senso “tradizionale”. Il padre Gaio Ottavio, fu il primo a entrare in Senato, e l’ingente patrimonio di Augusto non nasceva dalla trasmissione di proprietà di famiglia, ma dall’attività di banchiere del nonno. Guadagnava sulle transazioni in valuta straniera, ma la parte più remunerativa dei suoi affari, pare fosse quella del prestito ad alto interesse. Insomma il divino Augusto fece fortuna anche grazie all’attività di usuraio, diremmo oggi, del nonno.
E così come i beni di famiglia, la stirpe del princeps (quantomeno per parte di padre) aveva origini piuttosto terrene. Ovviamente, dopo l’ascesa al principato, questo risultò un dettaglio un po’ scomodo, da migliore. In poche parole, fu necessario nobilitare le semplici origini di Augusto. Dal momento che il rango equestre degli Ottavi era l’anello debole della catena, l’enfasi maggiore fu posta sulle parentele per parte di madre. In questa direzione giocò un ruolo fondamentale la parentela con Cesare: Azia, la mamma di Augusto, era figlia di Marco Azio Balbo e di Giulia, la sorella di Giulio Cesare. Ma tutto ciò non bastava.
Così in un audace, quanto fantasioso tentativo di elevare il futuro princips ai più alti gradini della gerarchia sociale, si favoleggiò ad un certo punto che la madre, Azia, l’avesse concepito nientemeno che con Apollo. Il Dio, approfittando del sonno profondo della donna, una notte si trasformò in serpente ed entrato nel grembo di lei , piantò il seme di una stirpe quasi divina. Affascinante, mitologico…
Purtroppo, però, certi politici eminenti tendevano a dimenticare questo intervento divino. Nei momenti di più accesa lotta politica, rivangavano la storia delle origini discutibili del princeps. Marco Antonio arrivò ad insinuare, addirittura, che Augusto fosse imparentato con un liberto…altro che Dio Apollo. - L’imperatore politico. Quando pensiamo a Roma Antica, ovviamente pensiamo sempre ad un impero basato sul militarismo. L’immagine degli imperatori che abbiamo fissa nella nostra mente è quella di condottieri invincibili. Insomma pensiamo a leader carismatici che trovano un consenso diffuso solo se in grado di guidare con successo le loro legioni sui campi di battaglia. Imperatori alla maniera di Vespasiano, Tito, Traiano, Marco Aurelio, per citare i più famosi. Eppure, un altro aspetto singolare della vita di Augusto è che i campi di battaglia per lui non furono una consuetudine, anzi. Sappiamo che quando scoppiò la guerra civile tra Cesare e Pompeo, nel 49 a.C., lui non partecipò agli scontri, anzi fuggì da Roma e si rifugiò a Velletri. Nel piccolo centro la famiglia di Augusto aveva ancora tanti possedimenti, che gli garantivano sicurezza e benessere. Certo a discolpa di Augusto va detto che allora fosse giovanissimo, aveva solo 13 anni; eppure per diversi anni il trend non cambiò.
Dopo la vittoria di Cesare, Augusto ritornò a Roma, dove visse e iniziò la sua carriera sotto l’ala protettrice di Giulio Cesare. Cesare aveva grande fiducia nel ragazzo, e lo vedeva come suo erede in termini politici, ma pare che Augusto fosse troppo cagionevole di salute e soffocato dalle attenzioni di una mamma un po’ chioccia. E così accadde che con qualche pretesto Azia impedì al figlio di seguire lo zio nella campagna programmata da Cesare in Africa.
Anche quando fu la volta di partire per la spedizione in Spagna, Augusto fu costretto a rinunciare: era troppo indisposto per partire con lo zio. Partì qualche tempo dopo, quando ormai si era ristabilito, da solo, senza la madre Azia che aveva insistito per seguirlo nell’impresa. Ma quando arrivò sul campo di battaglia, trovò la guerra ormai risolta già da mesi.
Non fu più fortunata la imponente spedizione contro i parti. Nel 45 a.C. fu designato da Cesare capo della cavalleria. Augusto partì da Roma, accompagnato dal fedele amico Agrippa, ma ad Apollonia fu raggiunto dalla notizia dell’assassinio di Cesare. Così prima di aver intrapreso qualsiasi iniziativa significativa, iniziò il suo viaggio di ritorno.
E poi? In seguito Augusto delegò le sue guerre ad altri : Agrippa, Tiberio e Druso combatterono i conflitti che Augusto pianificò e lui rimase sempre più politico che soldato.
Del resto nel 42 a.C i triumviri avevano sconfitto i Cesaricidi grazie all’abilità di Antonio; nel 36 a.C, nella battaglia del mare di Sicilia, era stato Agrippa a sopraffare Sesto Pompeo. - L’imperatore della pax. Uno di quei punti fissi, imprescindibili, quando si studia Augusto è ovviamente il significato e l’importanza della pax augustea. E quest’aspetto, unito all’educazione rigorosa che il princeps da giovane ebbe modo di ricevere,e alla sua condotta assolutamente morigerata, precedente alla sua ascesa, ci fanno pensare, istintivamente, ad un uomo pacato, poco incline ad eccessi da tiranno. Quello che non sempre emerge da certe narrazioni, è che, invece, nella politica di Augusto ci sono non pochi punti oscuri. In poche parole fu un politico spregiudicato. Un numero infinito di inversioni di rotta segnarono i primi anni dell’ascesa di Augusto. Sorvoliamo su l’intera sequenza per citarne solo alcune.
Sappiamo, ad esempio, che intraprese una prima sfortunata marcia su Roma alla testa dei veterani arruolati in Campania (un’azione in aperto conflitto con i senatori, del tutto illegale), e che subito dopo il fallimento, cercò l’alleanza con quello stesso Senato che aveva minacciato. Ricuciti apparentemente i rapporti con il Senato, Augusto accettò l’imperium -ottenuto dai senatori – per portare assistenza al cesaricida Decimo Bruto contro Antonio nella Gallia Cisalpina. Ma poco dopo, nel 43 a.C, riprovò ad occupare Roma. Stavolta riuscì e dopo il successo di questa seconda marcia, fra le prime azioni intraprese, ci fu la revoca dell’amnistia del 44 a.C concessa ai Cesaricidi (compreso quel Decimo Bruto, che poco tempo prima aveva assistito).
Ma questa in fondo è solo strategia politica.
Parliamo invece delle proscrizioni. Il fatto che Augusto fosse uno dei fautori, ci fa capire bene come il princeps potesse essere, all’occorrenza, propenso alla persecuzione più crudele. Sappiamo che furono tremende.
I triumviri (una volta revocata l’amnistia) erano consapevoli che la campagna contro i Cesaricidi avrebbe avuto costi altissimi. E pensarono bene che la proscrizione fosse un buono strumento per l’occasione: da un lato essa prevedeva per coloro che erano nelle liste il sequestro dei beni; dall’altro, la privazione di diritti. Cioè annientamento politico dei nemici, e cospicue risorse per gli amici. Ma questa era una vecchia storia, che i Romani conoscevano già dall’epoca di Silla. La cosa da sottolineare è che sulle teste dei proscritti pesavano anche taglie sostanziose. Letteralmente. In cambio di ogni testa recisa ad un nemico dei triumviri venivano elargite 10.000 dracme agli schiavi, che ottenevano pure la liberazione; 25.000 dracme agli uomini liberi. Questi cimeli venivano esposti, perché fossero di monito, sulla tribuna del Foro, luogo dove il premio veniva riscosso. È facile intuire come la prospettiva di un guadagno facile, unita a vecchi rancori e possibilità di vendetta, potesse dare il là ad una serie di crimini ed abusi. Insomma seguì uno dei periodi più bui della storia, di cui Augusto fu protagonista.
Abbiamo scelto di raccontarvi di Augusto, in modo diverso, concentrandoci su tre semplici punti, perché ovviamente sarebbe presunzione pretendere di dire tutto su uno degli uomini più importanti della storia dell’impero Romano. Vi abbiamo raccontato 3 semplici cose, ma quelle che non sempre vengono narrate, per farvi capire come sia difficile comprendere veramente una figura del passato. Esistono tante sfaccettature diverse nei personaggi che amiamo di più, e a volte quelle più discutibili sono quelle meno note.
Del resto, come si dice. “la storia la scrivono i vincitori” e non sempre i vincitori fanno sincera autocritica.
Post by Sara P.