Oggetti misteriosi: La fontana a “bauletto”

8 Giu 2020 | Curiosità

Nell’antica Roma l’approvvigionamento idrico era gestito in modo straordinariamente efficiente ed era garantita ai cittadini la possibilità di accedere all’acqua facilmente e gratuitamente.

I numeri sono impressionanti. Già nel I sec. d.C., l’autore Frontino parla di un sistema di 9 acquedotti che portavano a Roma 1000 litri di acqua al giorno pro capite. Allora Roma contava un milione di abitanti.

Il dato sicuramente vi fa capire come il sistema dovesse essere capillare e complesso. Gli acquedotti portavano a Roma questo flusso infinito di acqua anche da distanze notevoli, superando gli ostacoli che l’orografia delle zone intorno alla città purtroppo creava.

Ma aldilà di questa straordinaria opera che furono gli acquedotti è anche lecito chiedersi come poi apparissero le strutture più piccole, quelle insignificanti, cioè le fontane pubbliche di servizio che i Romani vedevano ogni giorno e dove si rifornivano di acqua. In centro città non ce ne sono di ben conservate, ma se visitate Ostia Antica ne troverete alcune molto, molto interessanti.

Ad Ostia ne vedrete di ogni tipo: c’è il Lacus, cioè l’abbeveratoio semplice, ci sono le fontane a vasca, a volte addossate ai muri e fontane angolari; ma le più interessanti sono dal punto di vista del concetto costruttivo le fontane a Bauletto. Sono assai ingegnose perché vengono alimentate con un sistema, che noi moderni, diremmo “misto”. Sono innanzi tutto collegate alla rete idrica dell’acquedotto, ma non solo. A volte il sopravanzo di serbatoi di strutture attigue (soprattutto terme) le alimenta, e non si rinuncia nemmeno all’acqua piovana.

Queste fontane hanno normalmente una vasca rettangolare coperta da una volta a botte (per questo si chiamano a botticella) che ha diverse funzioni: non solo chiude il bacino principale, ma in un certo senso canalizza grazie alla sua forma a schiena d’asino le gocce di pioggia che cadono e scivolano dai tetti vicini in bacini di raccolta secondarie. Questa vasca laterale (non sempre presente) diventa un bacino per attingere oppure una zona di decantazione dell’acqua a seconda dell’altezza delle pareti.

Insomma geniale: tre modi diversi per raccogliere l’acqua, impedire che essa, da qualsiasi “fonte” provenga, sia sprecata e per garantire alle persone un’assoluta abbondanza. Ma come veniva attinta l’acqua? L’acqua fuoriusciva da due fori posti sul lato lungo della fontana. A terra ed in corrispondenza dei fori d’uscita c’erano due sagome circolari scavate in una soglia di travertino. Gli incassi servivano alla posa dei recipienti per attingere l’acqua, garantendone la stabilità mentre questi venivano progressivamente riempiti.  Un’altra presa d’acqua, qualora si fosse muniti di secchi più grandi era la finestrella sul lato corto, che serviva pure da apertura per la manutenzione o per la pulizia della fontana.

Ma il dettaglio più intrigante, quello che ci riporta al tempo dei Romani, è come al solito quello meno evidente. Su alcune soglie della “finestrella” si vedono addirittura dei segni di usura: l’impronta dei passaggi della corda dei secchi.