Caligola ed il sogno dell’imperatore Dio

7 Mag 2020 | Personaggi famosi

Se dovessimo stilare una classifica dei peggiori sovrani della storia, Caligola figurerebbe senza dubbio nelle  prime posizioni. 

Gli storici della Roma antica sono unanimi nel riconoscergli ogni sorta di crudeltà, megalomania e immoralità, insomma, a dirla come Svetonio, Caligola è l’immagine di un vero e proprio monstrum. Svetonio infatti dopo aver raccontato di una prima parentesi del principato in cui “ottenuto così il potere imperiale, esaudì i voti del popolo, principe desideratissimo dalla maggior parte dei provinciali e dei soldati” (Vita dei Cesari, IV,13) annuncia un drastico cambio di rotta: “Finora ho parlato più o meno del principe; mi resta ora di parlare del mostro” (Vita dei Cesari , IV, 22)

Certo, l’imparzialità, si sa,  è una dote che spesso certi storici sacrificano alla ragion politica. E dai filo senatoriali come Svetonio, Tacito e Cassio Dione non possiamo aspettarci che un pessimo giudizio dell’imperatore  che propose la candidatura al consolato del proprio cavallo Incitatus. Questo  atto di provocazione fu solo una di tante umiliazioni che la classe senatoria fu costretta a patire per  i 4 anni del regno di Caligola, e che condizionarono il giudizio sull’imperatore.

Per quanto sembri impossibile salvare qualcosa del suo operato, sia per la brevità del regno che per l’oggettiva instabilità mentale del personaggio, è lecito almeno domandarci se certi “comportamenti” fossero  motivati da un preciso disegno di natura politica ed ideologica.

 Insomma perchè per lui non potrebbe valere quanto accaduto per un’altro “pazzo” della storia di Roma come Nerone?  Nerone, in fondo ai giorni d’oggi è protagonista di una profonda rivalutazione, per meriti e demeriti. Per capire meglio la figura di Caligola, come al solito cominciamo dal principio, cioè da quanto di più “oggettivo” le fonti ci raccontano. 

Gaio Giulio Cesare Germanico, questo il vero nome di Caligola, dall’età di 2 anni fino ai 5 anni è vissuto nell’accampamento militare di Ara ubiorum in Germania, l‘attuale Colonia. I legionari vedendo quel bambino correre su è giù per il castrum con ai piedi le caligae, la tipica calzatura militare, gli attribuirono l’affettuoso nomignolo di Caligola. 

Dunque il futuro imperatore  trascorse alcuni anni della sua infanzia lontano da Roma, sul Limes ai confini nord dell’impero. Suo padre, impegnato nelle campagne contro i Germani, era niente meno che Germanico un autentico eroe di guerra, amato dall’esercito e dall’intero popolo, colui che vendicò il massacro di Teutoburgo e recuperò  le insegne delle legioni perdute.Sua madre era Agrippina, la nipote di Augusto, ideale vivente di matrona romana: antenati illustri e nobili, madre prolifica (ebbe ben 9 figli sebbene 3 scomparsi in tenera età), moglie fedele e premurosa al punto di seguire il marito al fronte condividendo insieme ai loro figli i disagi della vita militare.

Quella era agli occhi di tutti l’immagine della famiglia ideale e nulla sembrava poter intaccare la serenità del giovane Caligola. Tuttavia le trame e i giochi di potere minarono presto l’armonia all’interno della famiglia imperiale generando odio e violenza.

Il primo a farne le spese fu nel 19 suo padre Germanico, la cui popolarità cominciava a dare troppi pensieri all’imperatore Tiberio, e che venne forse avvelenato durante la spedizione in Siria quando Caligola aveva solo 7 anni. Dieci anni dopo è la volta della madre e del fratello Nerone Cesare, prima esiliati per volere dell’ambizioso prefetto del pretorio di Tiberio, Seiano e poi morti suicidi. Nel 33 infine morì anche il fratello Druso Cesare arrestato e poi lasciato morire di inedia negli scantinati del palazzo imperiale.

Era inevitabile che una simile serie di lutti e profonde sofferenze lasciasse un segno nel giovane. Nonostante fosse stato affidato alla bisnonna Livia , moglie del defunto Augusto, non si riuscì a mitigare certe “stranezze” del carattere del futuro imperatore. Livia, donna pratica ed abile politica, si occupò però solo in parte dell’educazione del ragazzo. Fu infatti la nonna paterna Antonia detta minore, figlia di Marco Antonio e sorellastra di Selene, quest’ultima figlia della celebre Cleopatra, a dare il contributo maggiore nella formazione del princeps. Già dalla lista di nomi citati e dalle illustri parentele si può immaginare quale tipo di ambiente fosse la casa della nonna Antonia; uno stile di vita che emulava le corti orientali, non certo austero, la frequentazione di illustri dignitari di cultura ellenistica come il figlio di Erode il grande, e il re Giuba di Mauritania, la passione per l’Egitto faraonico, contribuirono a rendere l’atmosfera particolarmente seducente per il giovane Caligola e così il futuro imperatore crebbe in un ambiente rilassato, diverso da quello della tradizione e pieno di pericolose suggestioni.

Quando nel 37 Tiberio morì, riferisce Tacito (Annali, VI,50) forse per mano stessa di Caligola, i legionari romani non ebbero difficoltà a riconoscere in lui l’erede al trono e lo acclamarono immediatamente. A lui solo fu affidata la guida dell’Impero, violando peraltro la volontà di Tiberio, che nel suo testamento politico lo destinava alla coreggenza con Tiberio Gemello. Per evitare che ci fosse in seguito un qualche tentativo da parte sua di reclamare il trono, già nel 38 Caligola lo fece assassinare, con l’apparente pretesto di una congiura. 

Il principato iniziava così, all’ombra di crimini e sospetti. Ma in pubblico, con i suoi, Caligola si mostrava rispettoso, uomo di grande devozione: dopo  aver reso gli onori alla propria famiglia, fece riportare dall’esilio le ceneri della madre Agrippina e del fratello per seppellirli nel mausoleo di Augusto. Per celebrare poi con altrettanta enfasi il padre Germanico decretò un’ emissione monetaria che ricordasse come Germanico stesso avesse  recuperato le insegne perdute dai Romani nella disfatta di Teutoburgo. Insomma ricordava pubblicamente  il padre come un grande leader, come un eroe di guerra, a differenza di Tiberio, che forse per gelosia ed invidia non aveva conferito a Germanico  i dovuti onori.

Caligola, dunque cerca, appena eletto, di costruirsi una nuova immagine, diversa da quella dei suoi predecessori ed in questa ottica avvia anche un deciso cambio di rotta in campo politico. Forse per il fascino del mondo ellenistico che tanto aveva subito a casa delle nonna paterna, sceglie di essere un sovrano quasi alla maniera “orientale” ed  avvia una politica basata sul culto dell’imperatore, adorato come divinità vivente. Innanzi tutto si autoproclamò rappresentante in terra di Giove Laziale, un’arcaica divinità adorata dai Latini e da lui riportata in auge. E non finisce qui. Uno dei ritratti più comici da questo punto di vista ce lo fornisce Svetonio (Vita dei Cesari, IV, 22) : “Nel tempio era stata eretta una statua d’oro a grandezza naturale, che ogni giorno veniva avvolta da una veste identica a quella  indossata da lui stesso. […] Le vittime erano fenicotteri, pavoni, urogalli, faraone, galli indiani, fagiani ed ogni giorno ne veniva immolata una specie diversa.”

La situazione descritta dallo storico, ci fa capire come Caligola considerasse se stesso alla stregua delle divinità tradizionali del Pantheon romano, con certe variazioni sul tema. Ma come la cosa stesse prendendo le sembianze di un vero e proprio delirio mistico appare ancora più chiaro dal seguito del racconto. Dice ancora Svetonio (Vita dei Cesari, IV, 22) : “Di giorno invece conversava in segreto con Giove Capitolino, ora bisbigliando e porgendo a sua volta l’orecchio, ora a voce alta e lanciando improperi. Lo si udì infatti minacciare: « O tu togli di mezzo me, o io te»”

Questa svolta “religiosa” sarà solo la prima tappa di un lungo percorso disseminato di stravaganze e bizzarrie, in cui Caligola espresse al meglio la propria megalomania.

Nella vita politica assunse sempre più l’aspetto di un leader capriccioso, volubile e crudele che piegava alla sue fantasie e desideri l’elite politica. 

Alcuni episodi hanno veramente dell’incredibile e dimostrano, peraltro, lo spreco di mezzi e risorse pubbliche che gli fu pure tanto criticato. Un esempio? La più grande delle stravaganze in tal senso è forse stata la realizzazione di un ponte di navi tra Pozzuoli e Bacoli su cui cavalcò vestito da Alessandro Magno. Pare giustificasse l’ambizioso progetto con una “supplica” al dio Nettuno. Una sorta di offerta al Dio affinchè gli fosse propizio nelle spedizione in Britannia.. Certo il tutto appariva ai più quantomeno discutibile. A ragione diremmo, perchè gli investimenti di Caligola nell’edilizia pubblica parvero nella maggior parte dei casi poco sensati. Nel Foro Romano avviò un progetto di ricostruzione che coinvolgeva il nucleo originario  della residenza sul Palatino. Questa venne  ampliata in direzione della piazza  fino a raggiungere il tempio dei Dioscuri, che nell’intenzione dell’imperatore doveva diventare una sorta di vestibolo del palazzo stesso. Ma non finisce qui , perchè pare che l’imperatore avesse previsto anche un collegamento “diretto” con il Campidoglio ed il Tempio di Giove. L’opera , difficile anche solo da immaginare, doveva essere un enorme ponte di legno che unisse le sommità dei due Colli, Palatino e Campidoglio.

Però questi cantieri pubblici avviati dall’imperatore, sono ben lungi dall’essere il peggiore crimine commesso da Caligola. I più lo ricordano piuttosto per scandali d’altra natura.

La trasgressione forse più scandalosa è il probabile rapporto incestuoso con la sorella Drusilla: un tentativo di emulare i costumi dei faraoni e dei sovrani ellenistici. Ma del resto il mondo egizio ed i suoi “costumi” dovevano avere esercitato una forte influenza in Caligola.  L’imperatore volle che Drusilla fosse  divinizzata post mortem e rappresentata come Arsinoe II sorella e moglie del Faraone Tolomeo II. Ma nel dolore che realmente provò, si mostrò ancora una volta eccessivamente eccentrico. Dice Svetonio: “Quando Drusilla morì, proclamò la sospensione dell’amministrazione della giustizia e in quel periodo fu ritenuto delitto capitale ridere, lavarsi, cenare con i genitori o con la moglie e i figli.” (Svetonio, Vita dei Cesari, IV, 24).

Dunque in pochi anni Caligola ebbe la capacità di trasgredire ogni regola e ad attirarsi l’odio ed il rancore di tanti: “una volta avendo fatto punire per un errore di nominativo una persona diversa, disse che anche quello aveva meritato eguale sorte. Di tanto in tanto andava ripetendo quel verso di una tragedia: Odino, purchè temano. Spesso inveì contro tutti i senatori […]. Denigrò spesso l’ordine dei cavalieri come dedito agli spettacoli al circo. Adirato con la folla che plaudiva contrariamente alle sue preferenze esclamò: «Ah, se il popolo romano avesse una sola testa!»” (Svetonio, Vita dei Cesari, IV, 30)

Il susseguirsi di scandali ed eccessi d’ira dell’imperatore spinse i suoi oppositori alla reazione e la vendetta  della classe senatoria non si fece attendere molto. Dopo soli 4 anni Caligola venne assassinato e viene nominato Claudio, lo zio, nuovo imperatore. L’idea di culto imperiale perseguita da Caligola tramonterà per sempre e nessun altro nel mondo occidentale potrà più aspirare a quell’idea di culto del sovrano.

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